E’ una bella sfida continuare a far festa in un tempo di crisi!
O si hanno delle buone ragioni, oppure lo si fa “per tirare un po’
su il morale” oppure si è degli sconsiderati.
Mi ha colpito il fatto che negli incontri di preparazione con i collaboratori nessuno abbia neanche lontanamente pensato o chiesto se val la pena fare la sagra in tempo di crisi.
E’ come se la nostra sagra fosse segnata da una positività evidente a tutti, per cui il problema non si pone: va fatta.
Ma dove sta questa positività?
Come si può guardare in modo positivo le cose se si rischia di perdere il lavoro o lo si è perso, se in casa c’è un ammalato grave, se la vita della famiglia è in difficoltà?
C‘è una preghiera della liturgia che invita: «tra le vicende del mondo, là siano fissi i vostri cuori, dove è la vera gioia».
Questo è lo sguardo del cristiano: sa che il suo orizzonte non può essere definito solo dall’urgenza immediata, anzi, l’urgenza immediata, inserita in una speranza non falsa, incita a cercare soluzioni, a costruire, a ristabilire rapporti.
Così in questo periodo la vita della nostra comunità è stata ricchissima di gesti e momenti che hanno aiutato il cammino: l’elezione del nuovo papa Francesco con quello che fa e dice, la Pasqua, l’impegno di tanti nella carità, il pellegrinaggio a Roma per l’Anno della fede …
Il tempo della crisi ci spinge a riscoprire le vere risorse.
Facciamo un esempio grande dalla storia. Le pestilenze, considerate una delle più gravi catastrofi nell’antichità, mandavano tutti nel panico e nel terrore, la gente abbandonava familiari e parenti malati e scappava. I primi cristiani invece vegliavano i propri malati perché sapevano che la morte dello spirito era quella da temere veramente, più della morte del corpo, e che Gesù si era preso carico delle sofferenze di tutti con la sua morte in croce.
Questo fatto, questa diversità, era così evidente che l’imperatore romano Giuliano l’Apostata (così chiamato perché aveva cercato di sradicare il cristianesimo) invitava i suoi sacerdoti pagani a fare come facevano i cristiani, a imparare da loro.
Nel Medioevo, la cura per i malati, per i ciechi e i sordomuti, per gli abbandonati, ha permesso lo sviluppo della scienza medica e l’invenzione degli ospedali, delle case di cura, di quelle per gli orfani, a cui tutti potevano ricorrere ed essere amorevolmente curati.
E’ stata una grande storia della carità segnata dalla vita di tantissime persone che hanno donato la loro vita scegliendo l’amore che vince ogni cosa.
Chissà se anche con la nostra sagra ce la facciamo a dire che si può sempre scegliere l’amore che vince ogni cosa!
don Carlo
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