Cari fratelli e sorelle,
La notizia della morte di Papa Francesco e del suo ingresso nella dimensione eterna della vita mi ha raggiunto stamani, mentre stavo celebrando nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo: durante lo scambio della pace mi ha avvicinato il responsabile del servizio di sicurezza e mi ha dato la notizia. A parte la primissima, evidente, commozione, la prima cosa che ho pensato è: «Il Signore gli ha dato la possibilità di celebrare la Pasqua, nell’anno del Giubileo!». Anche per lui l’ultima uscita, prima di ieri, è stata nella casa circondariale di Regina Coeli, una realtà che gli è sempre stata a cuore per la convinzione secondo cui nel cuore di ogni uomo e donna – anche in chi ha commesso crimini gravi – c’è sempre un germoglio di bene, una possibilità di redenzione, una possibilità di “Pasqua”, di passaggio alla vita nuova.
Siamo nell’Ottava di Pasqua: anche Giovanni Paolo II morì nell’Ottava di Pasqua. Paolo VI invece salì al cielo nel giorno della Trasfigurazione, che a sua volta celebra il mistero pasquale.
La celebrazione di oggi è pasquale, le letture ce lo ricordano. Pietro, nel giorno di Pentecoste (che è compimento della Pasqua), si trasforma sotto la spinta dello Spirito Santo: da rinnegatore e pavido pescatore diventa un testimone autorevole. L’autore degli Atti lo descrive con espressioni non marginali: la fortezza di Pietro non è frutto di umanità, ma dono dello Spirito.
Pietro fu mosso dallo Spirito per essere testimone del momento centrale della sua vita. Papa Francesco ha continuato a essere eco di quel Pietro che annunziava Gesù di Nazareth: «Quel Gesù che passò in mezzo a voi operando prodigi e segni, Dio lo ha risuscitato liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che essa lo tenesse in suo potere».
Nel Vangelo troviamo qualcosa di simile: le donne che si recano al sepolcro sono – certamente – coraggiose; ma anche loro, vedendo la tomba vuota, sono prese da «timore e gioia grande». È un’alternanza: da una parte la gioia, nello stesso tempo il timore per il possibile furto del corpo di Cristo. Erano combattute quando, di fatto, Gesù stesso prese l’iniziativa andando loro incontro: «Salute a voi!». Il bacio delle donne indica una fede ancora in maturazione, quasi intimistico. Cristo però le invita a uscire da questa condizione, diventando missionarie.
Anche in questo c’è un messaggio che Papa Francesco ci ha lasciato: combattuti tra timore e gioia, complessità e modernità, Papa Francesco ci ha incoraggiati a essere missionari là dove ci troviamo. Nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ambienti di svago. Dovunque serve il coraggio di annunciare il Vangelo prima di tutto con la vita. Poi – come diceva San Francesco, di cui il Papa ha voluto prendere il nome – “anche con le Parole”. La forza non ci viene da noi stessi, ma dallo Spirito Santo: è lui che ci dà la certezza che Cristo è risorto, assieme alla speranza di incontrarlo nella vita eterna.
Raccogliamo la testimonianza che ci viene dalle donne e da Pietro, oltre che da tanti “Pietro” che hanno vissuto e testimoniato il messaggio di Cristo. Raccogliamo anche quella di Papa Francesco per essere anche noi testimoni gioiosi di Gesù Cristo risorto dai morti.
Testo integrale dell’omelia che mons. Riccardo Lamba, arcivescovo di Udine, ha pronunciato lunedì 21 aprile 2025 nella solenne Santa Messa in Cattedrale a Udine a suffragio di Papa Francesco.