A fine aprile, nella città di Raqqa, in Siria, occupata dagli islamici del cosiddetto “califfato” dell’ISIS, alcuni cristiani sono stati crocifissi per essersi rifiutati di convertirsi alla fede islamica. La notizia è stata confermata dagli stessi assassini che hanno anche diffuso le foto.
Papa Francesco nell’omelia in Santa Marta il 2 maggio 2014 ha detto: «Ho pianto quando ho visto sui media la notizia di cristiani crocifissi. Anche oggi c’è questa gente che, in nome di Dio, uccide, perseguita. E anche oggi vediamo tanti che, come gli apostoli, sono lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù».
Poi sono arrivate le immagini delle case dei cristiani della grande città irachena di Mosul, anch’essa occupata dall’ISIS. Le case erano segnate con la lettera “N” araba che sta per “Nazareni”, vale a dire: queste sono case di cristiani, ne possiamo fare quello che vogliamo. Hanno dovuto scappare abbandonando tutto, in decine di migliaia.
Non possiamo restare indifferenti.
Papa Francesco a Redipuglia ci ha ricordato «la risposta di Caino: “A me che importa?”. Sono forse io il custode di mio fratello?” (…) Questo atteggiamento è esattamente l’opposto di quello che ci chiede Gesù nel Vangelo.(…) Chi con le sue omissioni dice “A me che importa?”, rimane fuori». La drammatica testimonianza dei martiri e di tanti perseguitati di oggi è un richiamo per tutti noi e ci dice: ricordati che c’è Uno per cui val la pena dare tutto, tutta la vita, Uno che mi ama e senza il quale la vita è niente. E che questo sia vero è scritto col sangue. Non possiamo dire: “a me che importa?”. La testimonianza dei martiri è anche la più significativa conferma di ciò che abbiamo vissuto insieme a fine agosto con il pellegrinaggio in Terrasanta.
Per tanti è riaccaduto un rinnovato incontro con Gesù che ha reso la vita più lieta e più piena di speranza facendo crescere una amicizia cristiana che è una risorsa speciale per il presente e per il futuro.
Dopo essere stati a Nazaret, a Betlemme, a Gerusalemme, e aver rivissuto l’Annunciazione, la Natività, la Passione e la Risurrezione di Gesù diciamo con ancor più convinzione: “siamo tutti Nazareni”, siamo tutti di Gesù, e quella “N” che sta sulle case di Mosul è segnata anche sulle nostre case. Mettiamo questo segno anche nel nostro presepio.
don Carlo Gervasi
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