Questi mesi sono stati segnati da atti terroristici e dalla persecuzione dei cristiani in diverse parti del mondo.
Papa Francesco all’Angelus dello scorso 15 marzo ha ripetuto: «I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani (…) Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace».
Le potenze difendono i loro progetti politici ed economici, non i cristiani. E tutte le ultime guerre nel vicino Oriente iniziate con la scusa di abbattere i dittatori, hanno solo peggiorato la situazione, soprattutto per i cristiani.
Non possiamo restare indifferenti, né possiamo far finta, come dicono tanti, che l’Islam sia estraneo a queste situazioni. I più restano spettatori e tanti altri hanno le loro idee, magari anche giuste, su come si dovrebbe intervenire. Ma lo scorso febbraio degli amici mi
hanno fatto vedere una testimonianza impressionante e quando l’ho fatta rivedere c’è chi mi ha detto: «è impossibile!».
Vi ricordate i 21 cristiani copti egiziani rapiti e uccisi, decapitati, dagli estremisti musulmani in Libia?
Qualche giorno dopo arriva una telefonata, durante un programma musicale, alla TV seguita dai cristiani del Nord Africa e del Medio Oriente: interviene Beshir, egiziano, fratello di Bishoy e di Samuel, di 25 e 23 anni, due dei 21 uccisi.
Le sue parole, cariche di misericordia, ci lasciano sorpresi e colpiti: «La gente ci crede in preda alla disperazione: in verità siamo orgogliosi dei nostri martiri. I cristiani vengono perseguitati fin dal tempo degli antichi romani.
La Bibbia ci dice di amare i nostri nemici e di benedire chi ci maledice.
Ringrazio l’Isis per non aver tagliato nel montaggio le voci dei martiri quando a pochi secondi dall’esecuzione imploravano
Gesù e ribadivano la fede in Cristo. In questo modo l’Isis ha rafforzato la nostra fede».
Il conduttore del programma gli chiede se i suoi sentimenti siano condivisi anche dalla sua famiglia.
«Ho sentito oggi mia madre, le ho domandato cosa avrebbe fatto se avesse incontrato per la strada il boia dei suoi figli. Mi ha risposto che lo inviterebbe a casa regno dei cieli».
La telefonata si conclude con una preghiera per i membri dell’Isis: «Possa Dio salvarli aprendo i loro occhi, facendo svanire la loro ignoranza e i cattivi insegnamenti che hanno ricevuto. Amen». Questa è una umanità diversa! Questo è il cristianesimo!
…
Certo, è vero che bisogna intervenire, bisogna difendersi, difendere chi subisce violenza, perseguire chi non rispetta la libertà e la persona, soprattutto chi usa morte e terrore per imporre le sue logiche: questo è un compito per ogni persona di buona volontà.
Ma le parole di Beshir dicono un’altra cosa e hanno una prospettiva vera, cioè eterna! Perché è solo la Resurrezione di Cristo dopo il suo sacrificio sulla croce per ogni
uomo che porta la vera possibilità della salvezza per ciascuno. Chi di noi, chi dei potenti, potrebbe rendere giustizia ai tanti perseguitati? E quale guerra è capace di sistemare le cose?
Questo non vuol dire che non si deve agire, anzi, ma che l’umanità testimoniata da Beshir è un’altra cosa e che, quando Dio vorrà, solo una umanità più grande, capace
di amare e di valorizzare tutto e tutti, potrà portare una vera novità dentro logiche di potere incapaci di costruire il bene.
Cristo Risorto è presente attraverso i suoi testimoni e ci indica sempre la strada, sempre nuova, sorprendente e pienamente umana perché divina.
don Carlo Gervasi
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