Siamo tutti rimasti colpiti in queste settimane dalla morte di Daniele, sedici anni, schiantatosi con l’auto della mamma e di Penelope, sette anni, schiacciata da un’acquasantiera.
Entrambi a scuola a Udine, abbastanza vicino alla nostra parrocchia.
Increduli, commossi, addolorati, arrabbiati (perché c’è un po’ di ribellione nel cuore per fatti così) ma anche qualche rara persona serena nonostante la tristezza.
Ieri parlavo con una mamma del nostro catechismo, che era andata con la figlia piccola in duomo a pregare per Penelope, un gesto che dice molto.
Nei giorni scorsi ho sentito diverse persone usare la parola “disgrazia” (Vocabolario Treccani: stato di privazione della benevolenza, della simpatia, del favore … l’opposto quindi di grazia).Una mamma diceva: perdere un bambino è una disperazione …
Disgrazia, perdere, disperazione …le nostre parole, i nostri pensieri, non sono più cristiani! E non sto diminuendo o sottovalutando il peso drammatico di un dolore indicibile per la morte di un bambino.
Dico che se sei di Cristo, investito dalla sua umanità, dalla sua verità, dalla sua carezza, dal suo dolore dato per ciascuno, non ti è tolto niente del tuo dolore, della fatica, del mal di cuore, ma questa non resta l’ultima parola. Mai.
Perché nessuno è perso, nessuno senza Grazia, a ognuno è data la speranza, se lasciamo appena appena socchiusa una fessura della nostra vita per la disponibilità ad essere amati.
Questo dice il Natale: che Lui è venuto, Emmanuele, Dio con noi. Non ci toglie dalla fatica e dagli eventi della vita che anche Lui ha scelto incarnandosi, ma si mette con noi, è con noi, soffre con noi, ama con noi, dà tutto per noi, per chi soffre, per chi muore, per chi è malato, per chi pensa di essere senza speranza.
San Paolo nella lettera a Tito annuncia: «E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini … nell’attesa della beata speranza … Gesù Cristo ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità» (Tt 2,11-14).
Tra noi è maestro di fede e quindi di umanità chi vive e mostra la coscienza che tutto è grazia. Tutto è grazia: affermazione folle per la mentalità del mondo in cui siamo immersi. Per San Francesco era così.
Per tante persone buone, anche oggi, è così.
Sempre San Paolo: «Noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani» (1Cor 1,23).
Ma la cosa più folle che si potesse pensare, che Dio si faccia uomo, è accaduta, è diventata un avvenimento della storia umana.
Una novità assoluta è entrata nel mondo quella notte a Betlemme! Quel bambino, Dio, uno di noi, ha cambiato il destino di ogni uomo e di tutte le cose: niente è più abbandonato al nulla, tutto è chiamato alla salvezza.
Anche con il semplice segno del presepio diciamo questo.
E nel presepio ci può stare qualsiasi cosa proprio perché ogni cosa è investita dalla sua salvezza eterna.
Che bello potersi dire nuovamente, nei prossimi giorni, Buon Natale, con in mente il saluto a Maria: «Ave, piena di grazia, il Signore è con te …».
don Carlo Gervasi
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